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La nostra era sta vivendo il cuore della quarta rivoluzione industriale, come ci illustra l’avv. giuslavorista Ciro Cafiero. Prima di arrivare ad essa però, il progresso tecnologico, ha visto il susseguirsi della prima rivoluzione industriale, che interessò prevalentemente il settore tessile e quello metallurgico, con l’introduzione della macchina a vapore nella seconda metà del ‘700.
La seconda rivoluzione industriale, vide l’affermarsi della produzione su larga scala, mentre con la terza rivoluzione industriale, coincide con gli effetti dell’introduzione massiccia dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica nell’industria, intorno alla metà del novecento. Occorrerrà arrivare tra fine anni ’90 e inizi del duemila, per vedere la quarta rivoluzione industriale, attraverso l’implementazione delle funzionalità dei PC che ormai sono connessi tra loro.
Tale rivoluzione ha quattro conseguenze, come sottolinea l’avv. Cafiero:
- Il ritorno al commons, con l’economia dello sharing;
- automazione a certi livelli, e quindi la robotizzazione di interi stabilimenti industriali;
- alterazione del rapporto tra capitale e lavoro: quando la tecnologia diventerà alla portata di tutti, allora ogni cittadino sarà in grado di produrre in autonomia parte delle cose di cui necessita per vivere, avrà quindi minore esigenza di acquistarle sul mercato e , di conseguenza , di domandare lavoro a chi detiene il capitale per garantirsi, attraverso la retribuzione, potere d’acquisto. In questo senso il capitale perderà il peso che ha avuto per tutto il Novecento.
- l’economia dello smart working: è un nuovo approccio, una nuova visione dell’organizzazione del lavoro, che mette in discussione i tradizionali vincoli, legati al luogo e all’orario di lavoro, introduce maggiore autonomia nella definizione delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e focalizza la prestazione lavorativa sul raggiungimento di obiettivi e risultati. In tal senso sono dei tratti che si scontrano con quelli della subordinazione, disciplinata dall’art. 2094 c.c . Ma, come sottolinea l’avv. Cafiero, sono pochi i progetti di smart working strutturato nel nostro Paese: secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano sono pari a circa il 5% delle imprese. Inoltre il DDL Poletti (DDL 2233/2016) collegato alla Legge di Stabilità del 2016, ha lo scopo di delineare una definizione propria dello Smart Working.
In merito allo smart working, l’avv. Cafiero, ritiene che potrebbe essere un’ottima scelta la modifica dell’art. 51 del Testo unico dei redditi (vedi allegato in alto a destra) e creare delle quote di esenzione fiscale per i redditi da lavoro dipendente da smart working, rendendolo in tal modo uno strumento di welfare, ed incentivarne l’utilizzo. Ad oggi il Governo con il decreto del 25 marzo 2013, ha inserito i redditi da smart working, tra quelli che godono di una detassazione del 10%, un passo in avanti ma non sufficiente.
Tra gli effetti della quarta rivoluzione industriale, vi è sicuramente la distruzione di posti di lavoro, circa 22,7 milioni, secondo un gigante americano della consulenza d’impresa, Forrester Research, ma di riflesso la creazione di nuovi legati soprattutto alla digitalizzazione della produzione, l’ICT, i big data ecc. In aggiunta a ciò vi è il rischio di una società workaholics, cioè di persone dipendenti dal lavoro, grazie alla tecnologa che renderà possibile un’ininterrotta connessione con esso.
In tal contesto di rivoluzione, quindi, secondo l’avv. Cafiero, occorre un’organismo in seno al Governo o al Ministero del Lavoro di governance degli effetti della tecnologia della quarta rivoluzione industriale, contro il rischio del la logica esasperata del profitto.