Ddl lavoro autonomo:ecco le novità in materia di smartworking

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La parola d’ordine della rivoluzione tecnologica è disintermediazione dei rapporti, degli spazi e dei tempi, perché grazie alla rivoluzione tecnologica ciascuno è in grado di lavorare in assenza di un rapporto con il proprio superiore gerarchico o in assenza dei rapporti con i colleghi in azienda, decidendo spazi e tempi della propria attività. In tal senso, vengono meno le categorie del rapporto di lavoro subordinato, come sottolinea l’avv. giuslavorista Ciro Cafiero.
In questo quadro, il legislatore ha preso atto dei cambiamenti apportati dalla rivoluzione tecnologica e ha proceduto con il disegno di legge n. 2233 – A, approvato dal Senato il 4 novembre 2016, frutto di una grossa elaborazione, soprattutto da parte della contrattazione collettiva: sono stati i sindacati per primi a tracciare le linee di questa nuova tipologia di lavoro, il cosiddetto smartworking o lavoro agile.
Il disegno di legge approvato, anche se è un passo importante verso le nuove forme di lavoro, ancora risente dei vincoli, per certi versi, della subordinazione.

Tale elemento si denota fin dalla stessa definizione di smart working all’art.15: ” modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro”. Ed ancora, specifica la disposizione: “la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivante dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Da questo articolo notiamo che viene richiamata la subordinazione, come schema giuridico entro cui si scrive lo smartworking, ma soprattutto vengono richiamate le categorie della subordinazione come i limiti dell’orario di lavoro, ed è qui che sorgono problemi: infatti già alcuni accordi aziendali si sono scontrati con queste categorie del lavoro agile, perché non sono riusciti a conciliarlo con le categorie della subordinazione. Così ad esempio alcuni contratti collettivi hanno tolto ai lavoratori il diritto di vedere conteggiati i permessi o quello di fruire del lavoro straordinario, proprio perché mal si concilia con una forma come quella del lavoro agile.

La postazione

Per quanto concerne lo spazio di lavoro, il disegno di legge ha inteso individuarne uno e uno solo: la postazione fissa al di fuori dei locali dell’azienda. In tal senso lo smartworker è colui che decide in quale luogo di lavoro svolgere la propria prestazione, quindi non solo all’esterno dell’azienda, ma anche in vacanza, durante tragitti e più in generale laddove preferisca.

Diritto alla disconnessione

Il lavoratore ha il diritto alla disconnessione tecnologica. Non è chiaro, però, come tale diritto sia reso effettivo. Sorge, del resto, il dubbio che il lavoratore davvero rinuncerà a evadere una richiesta fuori orario del proprio datore di lavoro. Ai sindacati aziendali e ai datori di lavoro spetterà dunque il compito di declinare i contenuti di tale diritto in considerazione delle specificità di ogni singolo contesto produttivo.

Assicurazione contro gli infortuni

L’articolo 20 estende al lavoratore agile la copertura assicurativa per infortuni sul lavoro e dunque anche per quelli in itinere ma, in tale ultimo caso, limitatamente al tragitto tra il luogo di abitazione e quello prescelto per l’attività lavorativa. La disposizione non risponde ad alcuni interrogativi.
Non è chiaro, ad esempio, cosa accade al lavoratore “agile” che è vittima di infortunio in occasione di un viaggio con finalità di svago o, più semplicemente, del tragitto verso il supermarket e che nel proprio contratto di lavoro ha convenuto di svolgere attività lavorativa negli spostamenti, ordinari (come quelli per la spesa) e straordinari (come quelli per un viaggio), e non già in un luogo prescelto. Su queste premesse, sembra opportuno un correttivo alla disposizione, secondo l’avv. Cafiero.

Trattamento economico del lavoratore agile

L’articolo 17, come una clausola di non discriminazione, stabilisce che al lavoratore agile, in quanto lavoratore subordinato, è dovuto lo stesso trattamento economico garantito allo stesso. Anche qui il disegno di legge risente molto della subordinazione: il trattamento dello smartworker deve diversificarsi da quello del lavoratore subordinato, perché lavora a contatto con un contesto produttivo specifico costituito dalle macchine e quindi la stessa retribuzione potrà risentire di questi elementi di forte specificità e dovranno essere soprattutto i sindacali aziendali a declinare questa interazione, che si spera sia virtuosa, tra macchine e lavoratore .

Sicurezza sul lavoro

L’articolo 19, pone in capo al datore di lavoro l’obbligo di sicurezza, che potrebbe tradursi in un decalogo di misure di sicurezza che il datore di lavoro è tenuto a consegnare allo smartworker. Il decalogo, però non raggiunge il fine ultimo della sicurezza aziendale, visto che egli non può sapere in quali rischi il lavoratore agile può incorrere, non sapendo quale interazione il lavoratore, al di fuori dell’azienda, può trovare con la macchina, con il proprio dispositivo mobile con cui lavora.

Contrattazione collettiva

Attraverso la soppressione dell’articolo 20, il legislatore ha abilitato alla contrattazione collettiva in materia di smart-working tutti i sindacati e non, come originariamente previsto, esclusivamente quelli “comparativamente più rappresentativi”. Si tratta di un notevole atto di fiducia in favore dei sindacati autonomi dalla triplice che, quindi, a loro volta, sono chiamati ad un atto di responsabilità per evitare la proliferazione di regolamentazioni collettive sul lavoro agile disomogenee e/o sbilanciate in favore di uno o dell’altra parte del rapporto di lavoro. Nel disegno di legge, manca però la regolazione del rapporto tra la contrattazione individuale, abilitata come visto a regolare aspetti del lavoro agile, e quella collettiva.Il sindacato ha la possibilità di individuare lo smartworking tra gli strumenti di conciliazione tra vita privata e lavorativa visto che si tratta di una finalità che grazie allo smart working diventa possibile realizzare .

Gli incentivi fiscali

Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo sono riconosciuti all’azienda che ricorre al lavoro agile. La diposizione, per come è formulata, sembra diretta a scongiurare il rischio che il lavoro agile resti assoggettato sul piano fiscale e contributivo ad una disciplina diversa da quella applicata al lavoro subordinato tout court.
Essa trova giustificazione nella qualificazione legislativa del lavoro agile come semplice modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato e non già come autonoma tipologia di rapporto di lavoro che, come già detto, meglio si adatterebbe ad esso.
Ciò posto, la sfida sul lavoro agile si gioca proprio sul piano fiscale e previdenziale ovvero nell’individuazione di misure fiscali e contributive che possano determinarne il successo.
In tale prospettiva, non sembra sufficiente considerare la retribuzione del lavoratore “agile” semplicemente di produttività e quindi assoggettarla all’imposta forfettaria del 10% entro il limite massimo di 2.500,00 euro. Piuttosto, si rendono necessarie misure come l’intera detassazione e decontribuzione di alcune quote della retribuzione del lavoro agile, per mezzo dell’esplicito riconoscimento della finalità di welfare ad esso connaturata ad opera della contrattazione collettiva aziendale che è stata abilitata a tale riconoscimento dalla legge di stabilità.

In alternativa, potrebbe darsi luogo alla sperimentazione di una sorta di tassa negativa sul reddito, diffusa negli USA, su alcune quote della retribuzione del lavoratore agile.

“Insomma, quello del lavoro agile è un cantiere aperto-conclude l’avv. Cafiero, di cui direttori del personale, giuslavoristi, sindacati, management aziendale sono chiamati a costruirne le fondamenta”.